Il capitano Francesco s'appartò alquanto dai suoi e venne ad abbracciare questo capitano Indiano, con gli altri che con lui venivano. Gli altri tutti se ne ritornarono tosto su le canoe, e il capitano Martino restò in terra a parlare col capitano Francesco; e perché parlava assai bene in lingua castigliana, li disse che Enrico suo signore li chiedea di grazia, perché esso si ritrovava indisposto, che avesse voluto andare fin là dove esso era. Il capitan Francesco pensò che li fusse mandato a dire questo per conoscere se esso andava da amico o con frode, perché quel cammino era tale che, s'esso avesse mostrato timore o dubio alcuno d'andarvi, avrebbe Enrico co' suoi pensato che l'avessero voluto ingannare o prendere. E per questo, volendolo da tal sospetto cavare, determinò d'andarvi, ancorché contra la volontà della maggior parte de' suoi, che dubitavano, vedendo cosí cattivo quel cammino, che gl'Indiani non gli avessero tutti a man salva presi o morti. Ma egli, eletti da 15 de' suoi, lasciò gli altri con quelli Indiani che erano venuti seco e seguí il suo cammino con Martino d'Alfaro, per cosí fatti passi che era ben ragione di temere del fine di quel viaggio. Onde alcuni de' cristiani che conduceva seco mormoravano, veggendo il paese cosí aspro e chiuso di spine e d'alberi, e la maggior parte di loro credevano di certo d'avere mal fatto a seguire quello Indiano, e si sarebbono volentieri ritornati a dietro; ma il capitano, che conobbe questo timore, parlò loro in questa maniera.
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