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E detto questo li diede la lettera, la quale Enrico tolse in mano e poi gliela ritornò, pregandolo che la leggesse egli, perché si fidava di lui, che esso non poteva leggerla, per avere male agli occhi. Allora il capitano Francesco la tolse e la lesse in voce alta, che quanti ivi erano potevano intenderla; e poi la ritornò a dare ad Enrico, dicendoli: "Signor donno Enrico, baciate la carta di Sua Maestà e ponetevela sopra il capo". Ed egli cosí fece con molto piacere.
Il capitano li donò tosto appresso un'altra carta di securtà delli signori auditori di Sua Maestà, che nella cancellaria di questa città di San Domenico riseggono, sigillata del sigillo regio, e a questo modo li disse: "Io sono venuto in questa isola per ordine di Sua Maestà con gente spagnuola da guerra, accioché con ogni sforzo vi guerreggiasse, e mi comandò l'imperatore nostro signore che io prima da sua parte vi richiedessi di pace, perché ritorniate al suo servigio e obedienzia, e che facendo voi cosí vi perdona tutti gli errori passati, come avete già per la sua lettera veduto; e cosí da sua parte vi comando e richiedo che lo facciate, accioché si possa con voi tanta cortesia e clemenzia usare, e miriate che siete cristiano, onde dovete temere Iddio e renderli infinite grazie e mai non disconoscerlo, poiché v'ha dato il mezzo da non perdere il corpo e l'anima; perché s'egli v'ha fin qua guardato da' pericoli della guerra, l'ha fatto perché quando vi ribellaste aveste qualche ragione d'appartarvi da quella terra dove eravate, ma non già di isviarvi tanto dal servigio d'Iddio e del vostro re: perché se fusse venuto a notizia di Sua Maestà che vi fusse stato fatto aggravio, siate certo che ella v'avrebbe fatto interamente rimediare, di modo che ne sareste restato sodisfatto e contento.
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