Cap. IX.
Ritrovandosi le cose nello stato che si è detto, un mercordí, a' 27 d'agosto del 1533, giunse questo don Enrico due leghe lungi dalla terra d'Azua e si pose nella entrata o falda del monte; e indi mandò a dire a quelli della terra che esso voleva lor parlare, se l'avevano per bene. Egli menava cinquanta o sessanta uomini da guerra bene addrizzati e in punto, benché non facesse mostra di tanta gente, perché ne imboscò la maggior parte presso là dove poi parlò co' cristiani. Quelli della terra, benché qualche sospetto avessero, mandarono nondimeno a dirgli che venisse in buona ora, poiché Sua Maestà gli avea perdonato ed era già amico de' cristiani. E uscirono a riceverlo alcuni gentil uomini e persone onorate di questa città di San Domenico, che ivi casualmente si ritrovavano, e con loro gli ufficiali e cittadini d'Azua; nella quale compagnia erano da venticinque o trenta da cavallo e da cinquanta uomini a piè, tutti bene in ordine e per la pace e per la guerra, quando fusse stato bisognato d'adoperare l'arme. Tutti smontarono da cavallo e s'accostarono con don Enrico, il quale abbracciò tutti i cristiani; il medesimo tutti gl'Indiani suoi fecero. E per quello che da questa pratica s'intese, don Enrico veniva per sapere e intendere in che stato si ritrovava la pace che esso fatta aveva, perché non aveva ancora veduto il suo messo, chiamato Gonzalo, che col capitan Francesco mandato aveva.
Questo Gonzalo quattro giorni a dietro s'era da questa stessa terra d'Azua partito con una caraveletta, e andava con alquanti cristiani a ritrovare don Enrico, il quale ebbe gran piacere quando l'intese, e mandò tosto con molta fretta un de' suoi per la costiera del mare a cercare di questa caravella.
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