Questo lo posso ben dire io, con molti altri, che ne abbiamo allevati alcuni in fin dalla lor fanciullezza; ma, come conoscono donne, si danno tanto in potere di questo vizio che non stimano tanto altro bene quanto questo peccato della lussuria e dell'usare crudeltà. Ma Iddio li paga secondo i lor meriti.
Che diremo noi qui, poi che vediamo anco che nel mezzo del mondo, che è Italia e Sicilia, furono i Ciclopi e i Lestrigoni? Dall'altra parte dell'Alpe medesimamente, come Plinio dice, si sacrificavano gli uomini, e in Francia un tal costume durò finché Tiberio imperatore glielo tolse, come il medesimo autore dice. Né già meno in ciò gli Inglesi peccarono.
Ma perché non dichino questi e quelli che io lor questa infamia do perché non sogliono essere amici con Spagnuoli, voglio qui le stesse parole di Plinio nella lingua nostra addurre. Parlando egli adunque dell'arte magica e di questi diabolici sacrificii, a questo modo dice: "Nell'anno 757 doppo il principio di Roma, nel consolato di Corelio Lentulo e di Publio Licinio Crasso, fu nel Senato fatta una deliberanza e decreto, nel quale s'ordinò che non fusse piú uomo alcuno sacrificato, e per un tempo non si celebrò alla aperta un cosí abominevole sacrificio. Ma in Francia fino al tempo nostro si sacrificava, che Tiberio Cesare tolse questo orrendo costume, insieme con gli indovini e magici. Ma che dirò io, che questa arte passò anco il mare Oceano e penetrò nell'isola d'Inghilterra, dove con tanta cerimonia si celebrava questo sacrificio, che parea che gl'Inglesi l'avessero insegnato a quelli di Persia". Fin qua dice Plinio, e non sono io che né a Francesi né ad Inglesi questa infamia appongo.
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