Plinio nel suo quartodecimo parla delle viti, e nel quintodecimo degli alberi fruttiferi, e nel decimosesto degli alberi selvaggi, e nel decimosettimo degli alberi inestati o inseriti che vogliam dire. Tutte queste sei spezie d'alberi che egli in questi sei libri comparte, io penso comprenderle in cinque libri, come sono il precedente e questo presente ottavo, con gli altri tre seguenti. E se in questi non si scriveranno tante materie quante ne' suoi sei scrisse Plinio, sarà per essere questa terra nuova, e per la maggior parte anco in simili cose inesperta. E perciò sarà poco quello che qui se ne scriverà rispetto a quello che ne diremo nella seconda e terza parte delle cose di terra ferma, la quale, essendo una grandissima parte del mondo o forse la metà, e piena di molti regni, ci darà assai che fare e che dire in ciascuna di queste cose. Io in questo libro farò prima nel primo capitolo una breve relazione degli alberi e piante che non erano in questa isola, né nell'imperio di queste Indie, ma vi si sono condotte di Spagna; e poi seguirò degli alberi che in questi luoghi sono naturali e fruttiferi, di tutte quelle maniere che sono a mia notizia venute e che in questa isola Spagnuola sono; perché degli altri alberi selvaggi e d'altre sorti si ragionerà appresso nel nono libro, poiché è la materia lor differente e separata.
Degli alberi che sono stati condotti di Spagna e d'Europa in questa isola Spagnuola: e ne faremo undeci capitoli.
Cap. I.
Sono state in questa isola Spagnuola portate fin da Castiglia le piante degli aranci, o melangole che chiamano; e vi sono qui tanto moltiplicati questi alberi che ve ne sono una quantità incredibile, e de' buoni, cosí dolci come agri, e cosí in questa città di San Domenico e ne' suoi confini come in tutte l'altre parti di questa isola che sono dai cristiani abitate.
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