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      Il legno di questo albero è alquanto rossetto, che pare sorbo peloso, ma è piú gagliardo. Il suo frutto sono certi graspi d'uve, rare e sparse e come rosate o pavonazze, e son buone da mangiare, ancorché poco da mangiare vi sia, perché l'osso che hanno è soverchio rispetto alla grossezza delle uve o granelli del raspo; perché li piú grossi granelli di queste uve sono come palle di schiopetti o qualche poco maggiori, e alcune come avellane con la scorza.
     
      [vedi figur_18.gif]
     
      Ha questo albero la foglia nel modo che si vede qui lineata, e ve la ho posta per essere cosí differente e segnalata fra tutte l'altre. La maggior foglia è di larghezza d'un palmo o poco piú, e altrettanto in lungo. Nel tempo che in questa isola e nelle convicine e in terra ferma anco si continovava la guerra, non avendo i nostri cosí alla mano l'inchiostro e la carta, si servivano di queste foglie per scrivere da un luogo ad un altro. E questa foglia verde è grossa quanto sono due foglie d'ellera poste insieme l'una sopra l'altra, e sono le sue vene rosse. Con un spiletto adunque, o con un ago picciolo, scrivevano sopra queste foglie dall'un capo all'altro ciò che volevano, perché, essendo verdi o colte quel dí dall'albero, v'appariscono le lettere intagliate bianche e belle, e differenti dalla superficie della foglia, che resta intiera fra lo scritto: e sono in effetto assai le lettere legibili, senza che si fori né si buchi la foglia dall'un canto all'altro. E quelle vene che si veggono (ancorché quella schiena principale che passa per mezzo sia grossicella) sono tutte sottili, e non danno disturbo né impedimento alcuno allo scrivere.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260