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      Questi stessi difetti delle voci si ritroverebbono in molte altre nazioni e lingue, se noi volessimo andarne cercando, benché nel vero sia questa lingua degl'Indiani brevissima.
     
     
      Dell'albero guanabano, e del suo frutto.
      Cap. XVII.
     
      Il guanabano è un alto e bello albero, e ha un bel frutto e cosí grande come mezzani melloni; e ve ne ha alcuno cosí grande quanto è la testa d'un fanciullo. È verde questo frutto, e ha di sopra segnate certe squamme come la pigna, ma le ha liscie e non rilevate come nella pigna si vede. Questo frutto è freddo e atto per quando sono i tempi caldi; e benché si mangi un uomo una guanabana intiera, non gli farà male alcuno. Ha la scorza o la pelle cosí delicata e sottile come è quella d'un pero, e il mangiare di questo frutto è come natte di latte o bianco mangiare, perché si stira e si fa a modo di coreggia. È un cibo bianchissimo e si disfa tosto in bocca come acqua, con buona e soave dolcezza. E fra la sua carnosità sono assai semente, grandi come quelle delle zucche, ma piú grossicelle e di color di leonato oscuro. Sono questi alberi, come ho detto, alti e grandi e belli e freschi, e con le foglie verdi e fatte quasi come quelle del limone. Il suo legno è di buona sorte, ma non forte e gagliardo.
     
      [vedi figur_20.gif]
     
      Dell'albero chiamato anon e del suo frutto, che è simile assai alla guanabana.
      Cap. XVIII.
     
      L'anon è un albero il cui frutto ha gran somiglianza col frutto del guanabano, del quale s'è nel precedente capitolo ragionato. Anzi, l'albero istesso dell'anon a quello del guanabano si somiglia, cosí nella grandezza come nelle foglie, e nella fattezza e garbo del frutto, e nella carnosità anco e sementa.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260

   





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