E cosí doveano fare qui in questa isola quando era dagl'Indiani abitata, benché ne' boschi anco di questa isola si veggono molti di questi cardoni. Ma quello che ora si vede imboscato, e vi si ritrovano di questi cerii, nel tempo passato s'abitava. E questo è tutto quello ch'io ho potuto comprendere in questa cosa; e per aventura questo frutto, che a me non pare sustanzievole né di soave sapore, dee altro gusto aver nel palato degl'Indiani, o pur per altro effetto li pregiano, che i cristiani fino a quest'ora nol sanno. Io in questa isola non ho potuto piú intendere di quello che detto se ne è.
Delli cardi delle tune, e del frutto loro.
Cap. XXV.
Poiché s'è nel precedente capo ragionato de' cerii, che son cardoni, e s'era anco piú su degli altri cardi delle pitahaie parlato, parmi dover anco qui dire di certi altri cardi, che tune chiamano, e dell'istesso nome dicono il frutto loro. E perché appresso nel decimo libro si parlerà dell'albero delle saldature, ricordisi il lettore di queste tune, perché le foglie di questi cardi hanno gran somiglianza con quelle dell'arbore ch'io dico; né sono fuori d'opinione che questi stessi cardi in quegli alberi si convertano. E ancorché questo non sia (perché nel vero quanto al frutto sono molto differenti), alla vista nondimeno danno ad intendere che hanno qualche affinità insieme, per la somiglianza che hanno e delle frondi e delle spine. Questi cardi o tune fanno certi graziosi fichi, che sono il loro frutto, lunghi e verdi e alquanto in parte rubicondi di fuori; lo scorzo è come certe coronette in cima, come hanno le nespole di Castiglia, ma dentro sono molto rosse, che pendono alla rosa secca, e sono piene di granelli come i veri fichi.
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Indiani Indiani Castiglia
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