E perché alcuni de' compagni erano piú pratichi di me nel paese e conoscevano questo frutto delle tune, ne mangiavano volentieri, perché ne ritrovavamo molti per la campagna. Allora io cominciai a fare loro compagnia, e ne mangiai alquante e mi seppero molto buone. Quando fu poi ora di fermarci per mangiare, smontammo da cavallo nella campagna presso ad un fiume; e io mi tirai alquanto da parte per urinare, e urinai una gran quantità di sangue vero (che cosí mi parea che fosse), e non ebbi anco ardire di urinare tanto quanto avrei potuto e che la necessità mi richiedeva, dubitando che a quel modo non vi avesse anco col sangue lasciata la vita, che io senza alcun dubbio mi tenni di avere tutte le vene del corpo aperte e rotte, e che mi fosse tutto il mio sangue che indosso aveva concorso alla vescica. Come persona adunque che non aveva di quel frutto isperienza, né sapeva la composizione dell'ordine delle vene, né la proprietà delle tune che avea mangiate, restai spaventato e mi si cambiò per paura il colore. Allora mi s'accostò Andrea Nigno, che fu quel pilotto che si perdé poi nel mare del Sur, nel discoprimento del capitano Gil Gonzales d'Avila, come si dirà appresso al suo luogo. Costui, che era persona da bene e mio amico, volendo burlarmi disse: "Signore, mi pare che voi tegniate un mal colore. Come vi sentite? Duolvi cosa alcuna?" E dicea questo cosí sul saldo e senza alterazione che io credetti che, condolendosi del mio male, mi parlasse da dovero. Io li risposi che non mi doleva nulla, ma che avrei dato il mio cavallo e quattro altri anco per ritrovarmi presso a San Domenico o presso il licenziado Barreda (che è un gran medico), perché senza alcun dubbio credeva di tenere rotte quante vene nel corpo aveva.
| |
Andrea Nigno Sur Gil Gonzales Avila San Domenico Barreda
|