Ma prima che qui giungessero ritrovarono il Giovan Gonzales, e li tolsero la spada e dieronli certe gran ferite, e volevano fornire d'ammazzarlo, se non che, sopragiungendo tosto l'Agueibana, li disse il Gonzales nella loro lingua: "Signor, perché mi fate ammazzare? Io vi servirò e sarò vostro schiavo". Allora il caciche disse: "Avanti, avanti, al mio datihao - (che vuol dire"al mio signore", o"a quello che come me si chiama") - lasciate questo vigliacco". E cosí lo lasciarono, ma con tre grandi e pericolose ferite, e passando oltre ammazzarono il don Cristoforo, con gli altri cristiani che seco andavano (che erano quattro altri), a colpi di quelle loro macane di legno che usano per arme, e frezzandoli anco medesimamente. Fatto questo si ritornarono a dietro per fornire d'ammazzare il Gonzales, me egli se ne era montato sopra un arbore, e vidde come l'andavano cercando per l'orme del sangue; e non volse Iddio che lo vedessero né lo ritrovassero, perché era di molto danno la perdita di costui, che aveva la lingua indiana assai buona. Perché il paese è molto denso d'alberi, si era egli isviato dal camino e imboscatosi a quel modo. E venuta la notte smontò dall'albero, e tanto caminò e attraversò il monte di Sciaragua, che uscí finalmente a Toa, che era una stanza di quel re. E si crede che Iddio o l'angelo suo lo guidasse e li desse isforzo e vita per potere far tanto, cosí malamente ferito andava. Egli credette, veggendo Toa, che fusse Otoao, un altro luogo dove pensava dovere essere morto, perché era una delle contrade ribellate.
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