Furono assai insolenti e malvaggi questi Indiani, perché non fu malvagità che loro alla memoria venisse che non la ponessero in opera, come crudeli e bestiali. Presero la campana del monasterio di san Francesco e ne fecero minuti pezzi. Tagliarono gli alberi degli aranci che erano nel giardino di questi religiosi. E doppo di tutti questi danni si ponevano in ordine per passare all'isola di Cubagua, dove pensavano dare sopra i cristiani che vi erano.
E vi era in quel tempo per alcaide maggiore un Antonio Flores, il quale, avuta questa nuova, benché avessero seco nell'isola 300 Spagnuoli o piú e molte vettovaglie e fornimenti, deliberò nondimeno, insieme con gli altri, di non aspettarvi questi nemici. E cosí s'imbarcarono tutti sopra certe caravelle che ivi erano, e sopra le barche con le quali solevano provedersi d'acqua, e senza vedere Indiano alcuno fuggirono e abbandonarono l'isola, lasciando nelle loro proprie stanze molte botti di vino e molte vettovaglie, con altre loro cose da barrattare e mobili di casa loro. E se ne vennero nell'isola Spagnuola, in questa città di San Domenico, non senza loro molta vergogna e vituperio. E cosí restò quella parte di terra ferma e l'isola di Cubagua abbandonata da' cristiani per allora; perché, quando gl'Indiani seppero questo, passarono nell'isola e vi posero a sacco quanto vi ritrovarono, e conobbero che per paura di loro se ne erano i nostri cristiani partiti. Ed essi vi restarono signori afatto e senza contrasto.
Come l'admirante e questa regia audienzia mandarono da questa città un'armata col capitano Gonzalo d'Ocampo a castigare gl'Indiani che avevano morti i nostri in terra ferma, e a ricuperare l'isola di Cubagua; e della venuta del licenziado Bartolomeo delle Case, con altre cose.
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