Cap. VI.
Qui dirò un caso d'un giovane Portoghese, il quale non tanto è miracolo quanto pazzia e sciocchezza di quel temerario e scempio che il passò, ancorché nel vero il soccorso di Dio vi fosse, scampandolo dalla morte. E fu a questo modo. Nel 1514, nel tempo che Pedrarias Davila passò alla terra ferma con 17 o 18 caravelle e navi per ordine del re catolico don Fernando, navigando un dí per lo gran golfo di questo mare Oceano, con prospero vento e con tutte le vele ben gonfie, accadette che in una nave dell'armata, che era di Palos e vi andava il tesoriero Alonso della Puente, vi andava anco un giovanetto Portoghese, col quale, perché il vedevano alquanto leggiero, cominciarono a burlare e a passare tempo i marinai e l'altre genti da guerra che in quella nave andavano. Egli, sdegnato di quelle burle, disse che giurava a Dio che, se molto il tempestavano a quel modo, si sarebbe gettato in mare e se ne sarebbe andato nuotando a qualche altra nave di quelle della armata. Quanto esso piú fermamente questo giurava e prometteva, tanto piú caldamente gli altri giovani nelle loro burle instavano; di modo che esso, forte sdegnato e deliberato di serbare quello che promesso aveva, tolse un'altra camicia che aveva piú di quella che vestita portava e se la legò alla cintura, e tolto un suo pappafico di panno leonato se 'l pose in testa vestito, ancorché niun freddo facesse e non fosse abito quello da portare nuotando. E posto che si fu a questo modo in ordine, montò sopra coverta e disse: "Fo voto a Dio, se voi piú burlate meco, di gettarmi in mare e passarmene in questa altra nave che va vicina alla nostra". La quale, per vicina che andasse, non poteva egli aggiungerla, per la velocità che tutta l'armata nel suo corso portava.
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