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      Il legno loro è nero, e cosí duro come un osso, e sta come foderato di sopra di una pietra. Ritrovavano questi legni sotto l'arena atterrati in quell'isoletta, che pareva che il mare condotti ve gli avesse. Li cavavano di sotto l'arena per arderli al fuoco; ma perché stavano, come s'è detto, coperti di pietra, non potevano ardere. Onde il rimedio perché ardessero era questo, che dalli lupi marini che ammazzavano cavano gran quantità di grasso o di assungia, come pani grassi di porco, e ne ponevano sopra quelli legni; onde, tosto che cominciava a scaldarsi, penetrava fra la pietra e 'l legno e l'accendeva mirabilmente, e faceva un chiaro e buon fuoco.
      I vasi dove queste carni o pesci si cuocevano erano le conche delle testudini, in ognuna delle quali capiva mezzo lupo marino, e sei e dieci e dodici uccelli e piú ancora, e tre e quattro pezzi di testudine, e quelle ova che parea che vi bisognassero. E se una di queste calderate non bastava, ritornavano a fare l'altra e l'altra secondo il bisogno. La carne del lupo mangiavano in luogo di pane, e l'altre cose in luogo di vivanda. E cosí mangiavano questi cibi con gran voglia e sapore, per cagione della salsa dell'appetito, come se fossero state le piú soavi e le migliori vivande del mondo.
      Stando in questa stretta e misera abitazione succedevano alcune tempeste; onde, perché ivi era il mare bravo, non poteva la canoa andare all'isola di mezzo per monizione di mangiare, mentre che quelli uccelli vi furono, perché nell'isola dove ritrovarono l'acqua e dove stavano fermi non vi era altra cosa da mangiare che lupi marini, delli quali stavano già ormai cosí stomacati che gli aborrivano, e mangiavano solamente alcuni piccioli granchi di poca sustanzia.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260