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      Veggendosi adunque in estrema necessità, dimandò il licenziado a quelle genti di mare che ivi erano s'era possibile a prendere qualche tiburone, di quelli tanti che andavano d'intorno all'isoletta fra quelle seccagne, che per ordinario sempre se ne vedevano la mattina molti e alle volte anche la sera, a 30 e 40 insieme, con la schiena e con una parte del corpo scoverta. E come s'è di sopra di loro scritto, questi sono fieri animali, ed erano un gran passatempo a quella disconsolata compagnia, che fra tanti travagli ne prendeva qualche ricreazione: perché accadeva alcuna volta che un tiro di pietra lontano stava un lupo marino ispenserato rinfrescandosi e trescando in quelle piagge, e li venivano alla traccia come cacciatori 20 e 30 di quelli tiburoni, e li si ponevano in ala intorno e a poco a poco il cingevano e 'l ponevano in mezzo; poi un solo tiburone, partendo con gran furia dagli altri, andava a dargli un gran morso che il disordinava, e sopragiungendo tosto tutti gli altri in un momento ne facevano pezzi e sel mangiavano tutto a fatto, e dove quella battaglia si faceva ne restava il mare tinto di sangue. Ma, mentre che la zuffa durava, col dibattere delle code facevano saltare l'acqua tanto alta quanto è una torre, che era cosa maravigliosa a vedere. Ho udito dire dal licenziado istesso che alcuni di questi lupi, che dovevano essere scampati d'alcuna simile battaglia, passavano poi a dormire in terra in quella isoletta, con qualche morso avuto d'un palmo e mezzo largo che li parivano le costole.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Quinto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1260