Non essendo ancora finite le disgrazie di questa afflitta gente, quando il mare poi abbonacciò partí la canoa con un Pietro di Medina e con cinque neri del licenziado Zuazo, per andare a portare dall'altra isoletta testudini e altri sostentamenti per la vita. Ma sopragiunse loro tanto vento di tramontana che annegò la canoa e quelli che dentro vi andavano, che non ne comparse giamai niuno né se ne seppe novella. Avendoli i compagni fin piú di mezzanotte aspettati, s'accorsero, del vento e tempesta che era stata, di quello che era loro potuto avvenire; di modo che le lagrime e 'l dispiacere di questa gente incominciarono a rinovellarsi. E certo con molta ragione, poiché, doppo d'Iddio, avevano in quella canoa gran speranza, che parea che miracolosamente fosse stata loro data da Dio, per salvarli e levarli da quelli scogli dove s'erano con la caravella perduti. Ma perché s'erano già a tante adversità avvezzi (benché questa di molta importanzia fosse), la passarono con l'altre molte il meglio che si puoté.
La perdita della canoa fu gran causa perché piú affrettassero a fornire il lavoro della barchetta che facevano delle tavole della caravella fracassata e rotta, che avevano già incominciata ma non fornita. E recata che l'ebbero a fine, determinarono che si mandasse alla Nuova Spagna con tre uomini, che furono quelli che avevano votata perpetua castità, Gonzalo Gomes, Francesco Valestrero e Giovan d'Arenas; e con loro doveva andare un garzonetto indiano, per non fare altro che continuamente aggottare l'acqua che la barchetta faceva, perché non vi avevano avuta comodità di poterla bene calafatare.
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