Per ispazio non compiuto di due tiri di sasso con mano si scoprí una moltitudine d'Indiani bene armati, e alzati i gridi cominciarono a combatter con noi, aventando freccie e dardi. Io, chiamati gl'interpreti che menava meco, in presenza del notaio cominciai ammonirgli e dir che desiderava aver pace con esso loro: e quanto piú gli ammoniva, tanto piú fortemente ci venivano adosso con l'arme. Veduto che le buone parole non giovavano, cominciammo a difender noi e offender loro quanto potevano le nostre forze, e cosí combattendo ci trovammo tra quasi centomila armati guerrieri, i quali ne avevano circondato d'ogni banda. Combattemmo in quel giorno aspramente sino all'ora avanti il tramontar del sole, percioché a quel tempo gli nemici si ritirarono; e con sei bombarde, sei schioppi, quaranta balestre, tredici uomini a cavallo che erano rimasi, e co' sopradetti fanti a piedi, feci gran danno e messi grande spavento agli nimici senza danno e perdita de' miei, salvo la fatica del combattere, la sete e la fame. E veramente si può dire che Iddio ottimo massimo combattesse per noi contra i nostri nimici, conciosiaché in tanta moltitudine d'uomini, mossa con animo tanto acceso e con tanta destrezza alla guerra, e fornita di tante sorti d'armi, rimanessimo liberi senza offesa alcuna. Quella notte ponemmo gli alloggiamenti appresso una certa picciola torre posta nella cima d'un colle vicino, la quale era consecrata ai loro idoli.
Venuto il giorno, percioché io moveva guerra loro, lasciai negli alloggiamenti l'artegliarie con duecento uomini, e con tredici cavalieri e cento Spagnuoli e quattrocento Indiani che aveva menati meco dalla provincia di Cimpual me n'andai a danneggiar gli nimici; e prima che avessero tempo di ragunarsi, abbruciai sei villaggi, che ciascuno d'essi era quasi di cento case, e avendo fatto prigioni forse trecento persone tra maschi e femine, rimenai salvi i miei soldati negli alloggiamenti, insino a' quali ne seguitarono combattendo con esso noi.
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