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      Dopo il mio ritorno all'albergo parlai con quei signori della città che tenevo prigioni, e dimandavo loro per qual cagione avessero procacciato d'uccidermi cosí a tradimento. Mi risposero la cagione non esser proceduta da loro, ma dagli abitatori di Culua, sudditi del signor Montezuma, i quali con lor lusinghe gli avevano sospinti a commetter simile sceleratezza; e che 'l signor Montezuma, lontano da quella città per spazio d'una lega e meza (come essi potevano pensare), aveva poste in ordine da cinquantamila persone per mandar la cosa ad effetto, ma che già conoscevano essere stati ingannati. E mi pregavano ch'io volessi lasciare uno o due di loro, che promettevano di riducere il popolo ch'io aveva discacciato, e le donne e li figliuoli e le robbe che avevano tratte fuori; e umilmente mi pregavano ch'io perdonassi loro, promettendo che per l'avenire da niuno mai piú si lascieriano ingannare, e volevano esser veri e fedeli sudditi di Vostra Maestà. E poiché io ebbi biasimati e ripresi grandemente i loro errori e sceleraggini, lasciai andar due di loro. Il giorno seguente la città pareva abitata e piena di donne e di fanciulli, e il popolo pacifico, non altramente che se non fusse avenuto cosa alcuna; e liberai tutti gli altri signori della città, avendo promesso d'esser perpetuamente servitori di Vostra Maestà. E in quei venti giorni ch'io dimorai quivi fu la città molto pacifica, e non altramente pareva che se niuno fusse stato ucciso o mancasse, e andavano alle piazze ed esercitavano le lor mercanzie per la città, come prima solevano fare.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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