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      E altre cose dissi loro che in tal occasione seppi dire per rimuovergli dalla loro idolatria e ridurgli alla cognizione del vero, sommo e omnipotente Iddio. Tutti, e spezialmente Montezuma, risposero che essi già avevano detto di non avere origine da questa provincia, e già è grandissimo spazio di tempo che i loro padri antichi vennero in queste provincie, e ben poteva accadere che essi fussero caduti in qualche errore circa le cose che adoravano, essendo già sí gran tempo che erano usciti della lor patria; e come io, che ultimamente era venuto, doveva meglio ricordarmi di quel che essi avevano da credere e d'adorare, e che dovessi farne lor parte e ammaestrargli; e si offerivano apparecchiati a far quelle cose che io proponessi loro come migliori. E il detto Montezuma e molti altri de' primi erano presenti quando gettava a terra gl'idoli delle cappelle e mentre le faceva far nette e vi poneva nuove imagini, e, per quanto potetti comprendere, tutti ne mostravano allegrezza. E da dovero comandai loro che per l'avenire non sacrificassero piú gli fanciulli agl'idoli, percioché simil cosa molto dispiaceva a Iddio, e Vostra Maestà nelle sue sacre leggi ordinava che ciascuno che uccide sia ucciso. Subito si rimossero da quella usanza di sacrificare, e in tutto quel tempo che io dimorai in quella città non fu mai visto fanciulli esser uccisi o sacrificati agl'idoli.
      L'imagini le quali costoro adorano sono di maggior altezza che non è la statura di qualunque grandissimo uomo. Le fanno di tutte le semenze e legumi che essi usano, pesti e mescolati insieme, e l'incorporano col sangue de' cuori di coloro che sono stati uccisi per sacrificio: e i detti cuori gli cavano fuori del petto di coloro che sacrificano mentre sono ancora vivi, e del sangue uscito dai cuori n'impastano farina in tanta quantità che può bastare a far quelle statue cosí grandi; e finite che l'hanno e poste nelle cappelle, offeriscono molti cuori d'uomini e gli sacrificano, e del sangue che n'esce ne ungono loro la faccia.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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