Come gli Indiani chiamano il Cortese a parlamento, e quello gli dissero e la risposta fattali. Come i Spagnuoli uscirono con le macchine e combatterono longamente. I nemici prendono una gran moschea e fanno gran danni ai Spagnuoli. Il Cortese, uscito della fortezza, prende una torre e la moschea e v'appiccò il fuoco.
In quel medesimo dí, a quell'istesso luogo dove avevano ferito il signor Montezuma, chiamarono me con dirmi ch'io andassi là, che alcuni de' lor capitani desideravano parlar meco: e cosí feci. Parlammo di molte cose, e dimandai perché m'assediassero, non avendo cagione alcuna, e che guardassero quanto bene avevano avuto da me e quanto mi fussi portato bene con esso loro. Rispondevano che s'io mi partiva della provincia subito cessarebbe l'assedio, altramente io tenesse di certo che volevano o tutti morire o del tutto mandar noi in ruina; i quali, sí come poi si vidde, dicevano cosí in fin che io uscissi della fortezza, e nell'uscir della città a lor piacere ritenermi tra i ponti. Risposi che non dovevano pensare ch'io dimandasse la pace perch'io temesse di cosa alcuna, ma per dispiacermi e aver dolore del danno fatto loro, e d'esser costretto a distruggere sí famosa città come era quella. Mi davano la medesima risposta, che non lasciariano il predetto assedio se non uscisse della città.
Fornite le machine, subito usci' fuori per combattere alcune terrazze e ponti, mandando avanti gl'Indiani, e dopo loro quattro pezzi d'artegliaria, e molti altri con balestre e rotelle, e piú di tremila Indiani che erano venuti meco delle provincie di Tascaltecal e servivano gli Spagnuoli.
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