E certamente dicevano il vero, che, se non avessimo avuto altro combattimento che la fame e la carestia delle vettovaglie, era a bastanza a farne morire. Contendemmo assai, e ciascuno difendeva la sua causa.
Venuta la notte uscii in compagnia d'alcuni Spagnuoli e, trovando gli Indiani alla sprovista, per forza prendemmo una contrada e in quella abbrucciammo piú di trecento case; e mentre vi concorreva la moltitudine me ne ritornai per un'altra, e a questo modo abbrucciammo piú case di quella contrada, e massimamente certe terrazze vicine alla nostra fortezza, dalle quali n'offendevano grandemente. Per le cose fatte in quella notte mettemmo loro qualche spavento, e nella medesima notte attesi a rifar quelle machine di legno che l'altro giorno ci avevano fracassate, per attendere alla vettoria che l'onnipotente Iddio ci donava. Andai alla medesima contrada dove il giorno avanti ci avevano guaste le machine, e quivi non men gagliardamente che con valoroso animo ne fecero resistenza. Nondimeno, trattandosi della vita e dell'onore, essendo quell'una sola strada rimasa intera di quelle che conducevano in terra ferma, benché prima che avessimo potuto giugnere a quella vi fussero di mezzo due grandissimi e alti ponti e tutta la contrada fusse fortificata di pareti altissimi, di case e di torri, ci venne lume di tanto vigore e ardimento e combattemmo di maniera che, prestandoci Iddio e favore e aiuto, pigliammo in quel giorno quattro ponti, e furono abbrucciate tutte quelle terrazze e case e torri insino all'ultima; benché la notte avanti avevano fatti molti ripari di mattoni crudi e di creta ne' detti ponti, per le cose avenute la precedente notte, di modo che l'arteglierie e le balestre non potevano lor nuocere; i quali quattro ponti riempiemmo di terra e di mattoni crudi, e di molti sassi e di travi delle case abbrucciate.
| |
Spagnuoli Indiani Iddio Iddio
|