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      Ed essendo giunto all'ultimo ponte vicino alla città, trovai tutti li cavalieri i quali erano venuti meco esser in quello caduti, e un cavallo sopra 'l quale non era alcuno, e non lo potei passare, e io solo fui astretto ad assalire gli nemici: e a questo modo i cavalieri ebbero spazio di poter passare il ponte, il quale trovai esser vacuo e passai con gran pericolo, percioché dall'una e dall'altra parte, per tanto spazio quanto saria la statura d'un uomo, bisognava saltar col cavallo. E mentre io usciva del ponte, percotevano me e 'l cavallo con bastoni; nondimeno, essendo bene armati, altro male non ci fecero piú che 'l dolore che pativamo per la percossa, onde rimanemo vincitori, avendo presi quattro ponti. Agli altri quattro avendo lasciato buona guardia, me n'andai alla fortezza, e feci fabricare un ponte di legno, che commodamente lo potevano portar quaranta uomini.
      Considerato il gran pericolo nel quale eravamo e il grandissimo danno che ogni giorno ci facevano gli Indiani, e temendo che non guastassero, come aveano fatto l'altre, anco quella via mattonata che vi era sola rimasa, la quale essendo guasta saremmo astretti a morire; e anco perché molte volte fui pregato da' miei soldati che ci partissimo della città, che la maggior parte di loro erano feriti, e sí malamente che non potrebbono piú combatter co' nemici; quella notte deliberai di compiacer loro e, pigliato l'oro della Maestà Vostra e le gioie che si potevano cavare, in quella sala in picciole some le consegnai agli ufficiali di Vostra Maestà, i quali io avevo ordinati per nome di lei, e ai reggenti e ai giudici e altri che si trovavano esser presenti, e gli pregai e confortai che dessero favore e aiuto a cavarle fuori.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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