Delle provincie Guacabula e Messico, e come quelli signori vennero a darsi al Cortese e fargli intendere come erano in arme da trentamila uomini di Culua. Gli Spagnuoli che accompagnavano i detti signori, avertiti di certo inganno, gli fecero prigioni e mandarongli al Cortese; e come furono relassati, e il Cortese s'inviò alla volta di Culua per ispedir quella guerra.
Mentre io scrivevo questa relazione, mi vennero a trovare gli ambasciatori d'un signore d'una certa città, la qual si dice che è lontana quindeci leghe da questa provincia, che è chiamata Guacachula, ed è nella foce d'un monte, per la qual si passa nella provincia nominata Messico. E per suo nome mi esposero che da pochi giorni in qua erano venuti per render la dovuta ubbidienza alla sacra Maestà Vostra e se gli erano dati per sudditi e vassalli, e non gli riprendessi pensandosi che fusse di suo consentimento, perché mi facevano certo che in quella città erano albergati molti capitani de' soldati di Culua, e in quella e per due leghe intorno erano in arme da vinticinque in trentamila uomini, stando a guardare la foce e il passo acciò non potessimo passar di là, e anco per vietar gli abitatori della detta città e dell'altre provincie confederati con quella, acciò non facessero servizio all'Altezza Vostra né pigliassero amicizia meco: e alcuni già sariano venuti al servizio di Vostra Maestà, se coloro non gli avessero impediti. E mi confortavano a dar rimedio a questa cosa, percioché, oltra l'impedimento fatto loro, che erano di buon animo, gli abitatori della detta città e tutti i circonvicini pativano grandissimo danno, essendo infinita moltitudine di gente atta alla guerra, e n'erano sommamente gravati e trattati da loro malamente, e che toglievano le lor robbe e moglieri e altre cose: che guardasse io quel che voleva che essi facessero.
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