Io, accompagnato dalla gente a cavallo, andai per la città e per quelle contrade dove era acqua: ne ferimmo di molti, e facemmo di modo che ritornarono adietro e non ebbero ardire di andar piú in terra ferma.
Conoscendo che gli abitatori della città erano ostinati e mostravano animo o di morire o di difendersi gagliardamente, mi vennero nella mente due cose: una, che eravamo per racquistare poco o niente di quelle ricchezze che già ci avevano tolte; l'altra, che ci dariano occasione di mandargli del tutto in rovina. E quest'ultima mi pareva piú vera, il che mi dispiaceva grandemente, onde io andavo pensando il modo col quale io potesse far loro paura, sí che si rimovessero dal loro errore e conoscessero il danno ch'io potevo far loro, e tuttavia rovinavo e abbrucciavo le torri degl'idoli e delle loro case. E accioché piú dapresso il vedessero, io feci quel giorno taccare il fuoco a quelle gran case poste nella piazza, dove l'altra volta che ci cacciarono della città io e gli Spagnuoli solevamo alloggiare, le quali erano tanto grandi che commodamente vi saria potuto albergare ogni prencipe con seicento persone al suo servizio. E benché il far questo mi dispiacesse, conoscendo che molto piú dispiaceva a' nemici deliberai di abbruciarle, della qual cosa ne presero grandissimo dispiacere, e similmente gli altri loro confederati che erano nel lago, percioché non si pensarono mai che le nostre forze tanto potessero, né fussimo di tanto valore che potessimo arrivare insino là: e questo dispiacque loro molto piú d'ogni altra cosa.
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Spagnuoli
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