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      E a quell'ora ch'io arrivai al ponte, trovai gli Spagnuoli e molti altri de' nostri amici essersi messi in fuga, e gli nemici come cani rabbiosi venirgli perseguitando; e vedendogli disordinati, cominciai a gridar che si fermassero, e, avvicinatomi all'acqua, la viddi piena di Spagnuoli e d'Indiani, di modo che non pareva che ci avessero gettato pur una paglia. E gli nemici andavano addosso gli Spagnuoli con tanto impeto, che seguitandogli si gettavano in acqua per andare a uccidergli, e le canoe de nemici uscivano fuori di quei canali e facevano prigioni gli Spagnuoli: ed essendo stata la cosa cosí subita, e vedendo che uccidevano li miei soldati, deliberai di fermarmi quivi e combattendo morire. Ma il maggior aiuto che potessimo dare era il porger mano a certi meschini Spagnuoli, che uscissero dell'acqua, i quali si sommergevano: e alcuni n'uscivano feriti, e alcuni mezzi annegati e altri senza arme. E comandato loro che andassero avanti, era sopravenuta tanta moltitudine di nemici che avevano circondato e me e dodeci o quindeci che erano meco, percioché, essendo io attento a dare aiuto a coloro che s'annegavano, non me n'avedevo, né mi ricordavo del danno che poteva seguire; e alcuni Indiani nemici mi avevano già preso e m'averiano menato via, se non fusse stato un capitano con cinquanta soldati, il quale io solevo sempre menar meco, e l'aiuto anco d'un giovane di quella compagnia, che dopo Iddio mi liberò dalla morte, e per salvar me egli valorosamente combattendo passò di questa vita.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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