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      E prima che 'l tesoriero e 'l contatore ritornassero, gli nemici da un certo argine dove si combatteva aveano gettate due o tre teste de' cristiani, benché allora non sapessero se erano de' soldati di Pietro d'Alvarado o del nostro campo. Essendo noi giunti alla piazza, concorreva da ogni banda tanta moltitudine de' nemici, che avemmo grandissima fatica prima che gli potessimo sforzare a voltarsi per certi luoghi, dove avanti questa battaglia non aveano ardir d'aspettar tre a cavallo e dieci fanti: e subito in un'alta torre dedicata a' loro idoli, che era vicina alla piazza, posero odori e profumi d'una certa gomma la qual nasce in questi paesi, che essi offeriscono a' loro iddii per segno di vittoria. E benché noi volessimo impedirgli, nondimeno non avemmo mai potere di farlo, percioché li soldati con veloce passo andavano verso il nostro campo. In questa battaglia i nemici uccisero trentacinque o quaranta Spagnuoli e piú di mille Indiani amici nostri, e ferirono piú di venti cristiani, e io ebbi una ferita nella gamba; e perdessimo quel picciol pezzo d'artegliaria da campo che aveamo condotto, e piú balestre e schioppi, con molte altre sorti d'arme.
      Li cittadini, subito ottenuta la vittoria, per ispaventar l'esecutor maggiore e Pietro d'Alvarado, condussero tutti gli Spagnuoli che avevano presi e vivi e morti al Catebulco, dove è il palazzo, e in certe torri altissime vicine, e quelli nudi gli sacrificarono, e aprirono i lor petti cavando loro i cuori per offerirli agl'idoli.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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