E vedendo io gli abitatori della città tanto ostinati, e con maggior dimostrazione e certezza di morire che mai si sia stata nazione alcuna, non sapevo io stesso come dovessi portarmi con esso loro e in che maniera potessimo scampar da tante fatiche e pericoli, e in che modo noi dovessimo fare per non mettere in estrema rovina e loro e la città, essendo la piú egregia e la piú bella che sia in tutto l'universo mondo. Né ci poteva giovare che noi li facevamo avisati che non ci eravamo per partir di quel luogo né dal campo, e che li brigantini non cessariano di fare ogni danno, e che avevamo rovinati gli abitatori di Matalcingo e di Marinalco, e che in tutte le provincie non avevano alcuno che desse loro aiuto, né avevano donde cavar maiz, carne, frutti e acqua e finalmente niuna cosa appartenente al vivere; ma quanto piú facevamo loro note cotal cose, tanto meno pareva che mancassero d'animo, anzi nel venir a combattere e in tutte l'altre cose gli trovavamo piú animosi che mai fussero stati. Onde io, vedendo la cosa andar di questa maniera e già esser passati piú di quarantacinque giorni che tenevamo assediata la detta città, deliberai e per nostra sicurezza e per poter meglio stancar gli nemici usare un rimedio, cioè che quanto pigliassimo della città tanto gettassimo a terra da ogni banda, di maniera che non andassimo pur un passo avanti che tutto non abbattessimo, e dove era acqua facessimo terra ferma, se bene in ciò fussimo astretti a consumar gran tempo. E perciò ordinai che si ragunassero i signori e i grandi degl'Indiani amici nostri e palesai loro la mia deliberazione, richiedendogli che per questo effetto chiamassero tutti li villani con li lor coi, che sono una sorte di pali che usano in queste parti, sí come in Spagna li zappatori adoperano le zappe.
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