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      Quando li cittadini sentivano e vedevano tanto fracasso e rovina, per mostrare animo dicevano agl'Indiani amici nostri che attendessero pure ad abbrucciare e a gettare a terra le case, che poi essi a forza gliele fariano rifare: conciosiaché, se essi ottenevano vittoria, sapevamo molto bene dover esser cosí come dicevano, e quando no, che essi per nostro abitare sariano astretti medesimamente a rifarle. E piacque a Iddio che nell'ultimo lor detto la cosa fusse verificata, avegna che essi medesimi le rifacciano.
     
     
      Come piú volte entrorono nella città combattendo sempre. Fazione di Pietro d'Alvarado, e come arrivò nella strada ch'avea preso il Cortese, qual era piena d'acqua col suo argine. La risposta che facevano i nemici essendo loro proposta alcuna condizione di pace.
     
      L'altro giorno, la mattina a buon'ora, con l'ordine solito entrammo nella città, e, quando arrivammo alla strada che 'l giorno precedente avevamo ripiena, la trovammo nel modo che l'avevamo lasciata. E andati piú avanti per due tiri di balestra, pigliammo due gran fossi d'acqua, che essi avevano cavati nell'istessa strada soda, e arrivammo a una picciola torre consecrata a' loro idoli, dove ritrovammo alcune teste di cristiani che avevano uccisi, di che ricevemmo grandissimo dispiacere. E da quella torre era una strada diritta insino al campo di Pietro d'Alvarado, e dal lato destro vi era una strada per la quale s'andava alla piazza, dove era già l'acqua, salvo che in una strada che essi difendevano. Quel giorno non passammo piú avanti, ma combattemmo aspramente e per molto spazio co' nemici: e concedendone l'onnipotente Iddio aver ogni giorno vittoria, sempre essi restavano inferiori.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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