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      Il giorno vegnente, la mattina a buon'ora entrammo nella città, e, non ci avanzando altro da pigliare per giugnere in piazza se non una strada piena d'acqua col suo argine, che era accosto la torre della qual parlai di sopra, cominciammo a combatterla: e in questo un banderaio e tre o quattro Spagnuoli gettati all'acqua, gli nemici subito lasciarono il luogo, e noi incontanente cominciammo a riempierlo, di modo che li cavalli potessero passare. E mentre ciò si faceva, Pietro d'Alvarado arrivò nella medesima strada, accompagnato da quattro cavalieri: e veramente l'allegrezza che ebbero li soldati d'amendue li campi fu incredibile, percioché quella era la via e 'l modo da metter presto fine alla guerra. Pietro d'Alvarado si lasciava la guardia di dietro e dalle bande, e per difesa della sua persona e dei luoghi acquistati. Subito che fu acconcio quel passo, io, accompagnato da alcuni a cavallo, andai per vedere il palazzo, e comandai a' soldati del nostro campo che a niun modo procedessero piú avanti. E avendo passeggiato alquanto per la piazza, riguardando li portici e le loggie piene di nemici, che, essendo la piazza sí larga che vi si potevano maneggiar li cavalli, non ebbero ardir d'avicinarsi, io montai sopra quella gran torre vicina al palazzo, e in quella trovammo le teste de' cristiani che ci avevano uccisi e offerti agl'idoli; dalla qual torre viddi quanta parte della città avevamo presa, e senza dubbio delle otto parti ne avevamo pigliate le sette. E conoscendo tanta gran moltitudine di gente de' nostri nemici esser ridotta in sí stretto spazio, massimamente che quelle case dove si trovavano erano molto strette, e ciascuna da per sé posta sopra l'acqua, e principalmente avevano grandissima carestia d'ogni cosa, percioché per le strade vedevamo che avevano cavate le radice e le scorze degli arbori, deliberai non volergli combattere per qualche giorno, ma proponer loro qualche condizione d'accordo, accioché non fusse astretta a morir tanta moltitudine di gente: e in vero m'arrecava dolore incredibile il danno che facevamo loro.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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