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      Pur io di continuo procuravo che fussero esortati a venire a pace con esso noi, ma essi rispondevano che per niun modo volevano arrendersi, e che un solo che vi rimanesse aveva da morir combattendo; e di tutte quelle cose che essi possedevano, niente n'era per venire alle nostre mani, ma erano per abbrucciarle e gettarle in acqua, dove non potessero esser viste né apparissero mai. E io, per non render mal per male, dissimulavo e non lasciavo che fussero combattuti dai nostri.
     
     
      D'una machina che fecero fabricar gli Spagnuoli. Come il Cortese, confortati piú volte i nemici alla pace, vedendo le lor risposte esser finte, combattete con la città, e furono uccisi piú di dodecimila de' nemici. Quel che dicessero i primarii della città al Cortese, qual mandorno a chiamar a parlamento. Dell'idolo detto Ochilubo.
     
      Trovandoci noi aver poca polvere d'artiglieria, quindeci giorni avanti avevamo consigliato di fare una machina, o veramente edificio che vogliamo chiamarlo; e se ben non v'erano artefici che la sapessero ben fare, nondimeno alcuni legnaiuoli s'offersero di farla, ma picciola però, e avegna ch'io pensassi che non potessero far cosa buona, nondimeno diedi lor licenza di fabricarla. Fu finita in quei giorni che noi tenevamo gli nemici serrati in cosí stretto luogo, e la condussero per metterla in certo luogo fatto a guisa di teatro, che è nel mezzo della piazza, fabricato con calcina e con pietre quadrate, alto quanto saria la statura di due uomini e mezzo, e da un angolo all'altro vi può esser lo spazio di trenta passi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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