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      Io feci loro intendere d'aver deliberato d'assaltargli, e che comandassero alla lor moltitudine che si ritirasse, altramente lascierei che gl'Indiani amici nostri gli uccidessero; ed essi risposero di voler la pace. Diedi risposta loro che io non vedevo il signore, col quale ragionevolmente doveva esser trattata, e quando egli fusse venuto, arei dato loro ogni salvocondotto che avessero dimandato per venire a parlar della pace. E vedendo che era una beffa, e gli nemici tutti apparecchiati, avendogli molte volte amorevolmente confortati alla pace, io, per ridurgli in piú strettezza e condurgli all'estremo, comandai a Pietro d'Alvarado che con tutte le sue genti entrasse dalla banda d'una gran contrada, la qual tenevano gli nemici, che aveva piú di mille case, e io dall'altra banda a piedi, non potendo a cavallo far profitto alcuno, entrai accompagnato da tutte le genti del nostro campo. E noi con gli amici nostri combattemmo sí gagliardamente che pigliammo tutta quella contrada, facendo sí grande uccisione de' nemici che tra uccisi e presi quel giorno furono piú di dodecimila; e gl'Indiani amici nostri usavano tanta crudeltà che non ne lasciavano vivo alcuno, ancora che noi gli reprendessimo grandemente.
      L'altro giorno appresso, ritornando noi nella città, comandai ai nostri che non combattessero, né facessero danno alcuno alli nemici; i quali, vedendo tanto numero di gente muoversi contra di loro, e conoscendo i lor vassalli e che coloro a' quali solevano comandare minacciavano d'uccidergli, e vedendosi condotti all'estremo, e non avendo dove fermarsi se non sopra li corpi morti de' lor cittadini, desiderando pur alla fine di levarsi da sí acerba miseria, gridando ne domandavano per qual cagione ormai non gli uccidevamo: e mostrando d'aver desiderio di parlarmi, con gran prestezza mi fecero chiamare.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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