Tali si rimasero e tali sono stati fin alla venuta di Cristoforo di Tapia, che, per li movimenti e inquietudini causate in quest'altre genti, non pur non adempierono l'offerte loro di ubbidienza, ma danneggiorono assai i convicini al paese vassalli di Vostra Maestà, con incendii di molte terre e con l'uccisione di molta gente. E posto che, per sí fatto accidente, io non mi trovasse abbondanza di gente per averla divisa in tante parti, conoscendo che 'l non vi provedere ci dava gran danno, per tema che i confinanti con esse provincie non si aggiungessero a loro, pel danno che ne ricevevano e perché eziandio non mi sodisfaceva l'animo loro, mandai là un capitano con trenta cavalli e cento fanti con balestre, schioppetti e rotelle, e con molta gente d'amici. I quali andati, e scaramucciato con loro qualche volta, vi morirono certi de' nostri amici e due Spagnuoli. Piacque al nostro Signor Dio che volontariamente vennero a pacificarsi e mi condussero que' signori, a' quali io perdonai, per esser venuti a me senza esser presi.
Stando io dipoi nella provincia di Panuco, mandarono fuori voce i nativi di queste bande che io tornavo in Castiglia, laonde si causò alterazione e ribellossi di nuovo Tequantepeque, ma dal cui tenitorio scese il signor di essa con molta gente, e abbrucciò piú di venti terre de' nostri amici, de' quali ammazzò e fece assai prigioni. Perciò nel mio ritorno da Panuco li conquistai di nuovo, e, quantunque all'entrarvi ci ammazzassero alcuni de' miei amici che restavano adietro, e vi crepassero dieci o dodeci cavalli per l'asprezza delle montagne, conquistossi tutta la provincia e fu fatto prigion il signore, con un suo fratel garzone e con un suo capitan generale, che insieme col suo signore fu incontinente impiccato.
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