Quanto al zolfo, io ho di già fatto menzione a Vostra sacra Maestà d'una montagna qual è in questa provincia, che esala gran fumo, dalla qual, calatovi per la bocca in giuso uno Spagnuolo settanta over ottanta braccia, se n'è cavato tanto che insino a qui ci è bastato; ma d'ora innanzi non aremo necessità a porci in sí fatto travaglio, per esser il luogo pericoloso, e io ogni volta scrivo che ce lo mandino di Spagna, e Vostra Maestà è stata servita che piú non vi sia vescovo che ce l'impedisca.
Come, avendo il Cortese ritrovato due leghe discosto dal porto di San Giovanni un bel sito per fondarvi una terra, con tutte le qualità che si richieggono, vi ha fatto fabricar una città, qual spera ch'abbi ad esser delle migliori della Nuova Spagna.
Dopo aver situata la terra di San Stefano, che s'abitò nel fiume di Panuco, e aver posto fine alla conquista della provincia di Tequantepeque e aver spedito il capitano che andò agli Impilcinghi e a Coliman, di che tutto ho fatto menzione in uno dei precedenti capitoli, innanzi ch'io venissi in questa città andai alla terra della Veracroce e a quella di Medellino, a causa di visitarle e proveder ad alcune cose che n'aveano mestieri in quei porti. E perché io trovai che, per non aver luogo abitato dagli Spagnuoli piú presso al porto di San Giovanni di Chalchiqueca che la terra della Veracroce, andavano là a scaricarsi i navili, e che, non essendo sicuro il porto come converria, per le tramontane che regnano in quella spiaggia, se ne perdevano molti, andai ad esso porto di S. Giovanni a cercarvi d'appresso alcuno sito per far abitarlo, ancorché, nel tempo ch'io già vi fui, ci si cercasse con gran diligenza e non trovasse, per esser tutto montagne di rena ch'ogni volta si mutano.
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