Cosí intendendo la loro trista volontà quanto al servizio a sua Maestà, e anco avendo riguardo alla tranquillità del paese, gli arsi e comandai che fusse arsa la città, rovinandola da' fondamenti, perché è tanto pericolosa e forte che pare piú tosto uno ridutto di ladri che stanza di cittadini. Ma per cercarli mandai alla città di Guatermala, lontana dieci leghe da questa, a richieder per nome di sua Maestà che mi mandassero gente da guerra, sí per conoscere la loro mente verso di noi, come ancora per tenere il paese in spavento: la città fu contenta di questa mia dimanda e mi mandò quattromila uomini, con li quali e con la gente ch'avevo entrai piú avanti, e facendo correrie li cacciai di tutto il lor paese. Essi, vedendo quanto era grande il danno che gli facevo, mi mandarono suoi messi, facendomi intendere come già si erano disposti di portarsi bene con noi, e s'aveano errato, che questo gli era avenuto per commissione dei loro signori, e vivendo quelli non sarebbono stati arditi di far altramente, ma che ora, poi ch'erano morti, mi pregavano che li perdonasse. Io gli assicurai della vita, commettendoli che venissero alle lor case e che abitassero nella città, come per il passato, a servizio di sua Maestà; e per meglio assicurar il paese liberai duoi figliuoli de' morti signori, ai quali diedi le signorie de' loro padri, e credo che faranno quanto si conviene al servizio di sua Maestà e a beneficio del paese. Al presente non ho altro che dire circa le cose pertinenti a questa guerra, se non che tutti coloro che si presero nella guerra sono stati bollati e fatti schiavi, dei quali si diede il quinto di sua Maestà a Baltasar di Mendozza tesoriero, e questo quinto fu venduto all'incanto, accioché fusse piú sicura la rendita di sua Maestà.
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