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      Noi, o Signore, che aspettavamo a cavallo a piè del colle, vedendo come i nemici non volevano fuggire, determinammo di smontare e lasciar i cavalli: cosí, montati di sopra, combattemmo tutto quel giorno sin a notte, perché si consumò tutto 'l giorno a disfar lo steccato di legname che era avanti il detto bastione. Il luogotenente mandò al campo a pigliar accette, zapponi e pali di ferro per rovinar il bastione di pietra, perché non vi era altro modo di potervi entrare, perché non si dimostrava persona alcuna che non avesse venti lancie contra la faccia. Venuta poi la notte, ci ritirammo in due o tre case, dalle quali si combatteva tenendo tuttavia buone guardie; il che fecero ancora quei di dentro, che tutta notte fecero gran strepiti e alti gridi, sonando tamburi, e ci lanciavano spesso pietre e talora saette, e udivasi lo strepito delle pietre che scaricavano.
      Subito che fu giorno cominciammo a battere il bastione, e levando il sole vennero l'accette, i zapponi e i pali di ferro, le quai cose avevamo mandato a torre: cosí cominciammo a rompere il bastione. E quando si cominciò a rompere, i nostri amici indiani vennero con facelle di paglia accese, e le lanciavano alle tavole sopra il bastione per arderle; ma sí tosto come le tavole cominciarono ad ardere, vennero essi con vasi d'acqua ad estinguerlo. Ma prima che questi venissero, avevano fatto una certa loro difesa, dalla quale gettavano acqua bollente con cenere e calcina. Combattendosi in questo modo, ci lanciarono fuori un pezzo d'oro, dicendo che ne aveano due masse, accioché entrassimo a pigliarle, dimostrando in questo di far poca stima di noi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486