Saputo questo, il dí appresso ci partimmo di quel luogo, andando sempre dimandando di quella provincia che gl'Indiani ci avevano detto, chiamata Apalachen, e menavamo per guida quelli che avevamo presi; e cosí andammo fino a' 17 di giugno, che non trovammo Indiani ch'ardissero d'aspettarci. Quivi venne da noi un signore, che lo portava un Indiano in collo, ed era coperto d'un cuoio di cervo dipinto, e menava seco molta gente, e davanti a lui andavano sonando alcuni flauti di canna: e cosí arrivò al governatore e stette un'ora seco, e per segnali gli facemmo intendere come andavamo ad Apalachen, e per quei segnali ch'egli ci fece ci parve di comprendere ch'ei fosse nemico di quei d'Apalachen, e che verrebbe ad aiutarci contra loro. Noi gli donammo corone, sonagli, e altre cose tali, ed egli donò al governatore il cuoio che portava sopra, e cosí diede volta indietro e noi li seguimmo appresso. Quella sera arrivammo ad un fiume, il quale era molto profondo e molto largo e correva molto forte, e non ci bastando l'animo di passarlo con zattere, facemmo una canoa, e stemmo tutto un giorno a passarlo: e se gl'Indi ci avessero voluto offendere, potevano agevolmente disturbarci il passo, e ancora, con tutto che essi ci aiutarono, ci avemmo molto travaglio. Uno de' nostri a cavallo, chiamato Giovan Velasco, ch'era nativo di Cuellar, per non volere aspettare entrò nel fiume col suo cavallo, ed essendo la corrente del fiume molto gagliarda lo gettò da cavallo, ed egli, attenendosi alle redine, affogò se stesso e il cavallo insieme.
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