E tanta diligenza vi ponemmo che, essendosi cominciate a' quattro d'agosto, a' venti del settembre prossimo furono finite cinque barche di ventidue codami per una, e riempiemo le fessure e calcate con stoppe de' palmizi, e impegolammole con certa ragia che un Greco chiamato don Teodoro portò d'alcuni pini, e della medesima robba de' palmizi, e delle code e crini de' cavalli facemmo corde e sarte, e delle nostre camicie facemmo vele, e delle savine che quivi erano facemmo que' remi che ci parvero esser necessarii. E tale era quel paese, nel quale i peccati nostri ci aveano condotti, che non vi si trovavano pietre per lastrigar le barche, né per tutto quel paese n'avevamo veduta alcuna. Scorticammo similmente le gambe intere de' cavalli, e conciammo i cuoi per farne vasi da portar acqua. In questo tempo alcuni de' nostri andavano cogliendo tamarindi per gli angoli ed entrata del mare, ove gl'Indi in due volte che gl'incontrarono ammazzarono X cristiani, cosí vicini agli alloggiamenti nostri che gli vedemmo e non gli potemmo soccorrere, e gli trovammo da parte a parte passati con frezze, che, quantunque i nostri avessero buonissime armature, non bastarono a resistere a' colpi loro, tirando quegl'Indi con tanta forza e destrezza con quanta di sopra s'è detto. E al detto e giuramento de' nostri pilotti, della spiaggia alla quale ponemmo nome della Croce insino a questo luogo noi andammo da dugentottanta leghe, poco piú o meno, e in tutto quel paese non vedemmo montagne, né avemmo alcuna notizia per alcuna via che ve ne fussero; e avanti che ci imbarcassimo, oltre a que' che ci avevano uccisi gl'Indi, ci morirono piú di quaranta altri uomini d'infermità e di fame.
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Greco Teodoro Croce
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