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      Io gli levai una stuora che teneva di sopra per coperta, e come potei il meglio pregai nostro Signore, che mi desse grazia di dar sanità a quello infermo e a tutti gli altri che n'aveano bisogno: e doppo ch'io l'ebbi benedetto e soffiato molte volte, mi portarono l'arco suo e me lo diedero, e una cesta di tune, e mi menarono a curare molti altri che stavano male di mazzucco, e mi diedero due altre ceste di tune, le quali io diedi ai nostri Indi che erano venuti con noi. E fatto questo ce ne tornammo agli alloggiamenti nostri, e i nostri Indi ai quali avevo date le tune si rimasero quivi; e la notte se ne tornarono alle loro case ancor essi, e dissero che colui che era già morto, il quale io avevo curato in presenza loro, s'era levato sano e avea passeggiato e mangiato e parlato con esso loro, e cosí tutti gli altri ch'io avevo curati erano rimasi sani, senza febre e molto allegri. Questo cagionò molta grande ammirazione e spavento, e per tutto quel paese non si parlava d'altra cosa. Tutti coloro ai quali arrivava questa fama ci venivano a cercare, perché li curassimo e benedicessimo i loro figliuoli. E quando gl'Indi che stavano in compagnia de' nostri, che erano i Catalcuchi, se n'ebbero da andare, avanti che si partissero ci offersero tutte le tune che aveano per il lor cammino, senza che se ne lasciassero alcuna per se stessi
      , e ci diedero pietre focate lunghe da un palmo e mezzo, con le quali essi tagliano e tra loro son tenute in molta stima. Ci pregarono che ci ricordassimo di loro e pregassimo Iddio che sempre stessero sani, e noi lo promettemmo di farlo, e con questo se ne andarono i piú contenti uomini del mondo, avendoci dato tutto il meglio di quel che avevano.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





Catalcuchi Iddio