Quando viene il giorno, tornano a rallentare i loro archi, finché poi vanno a caccia; le corde degli archi loro sono nervi di cervo. Il modo che tengono di combattere è d'andar bassi per terra, e mentre si frezzano vanno parlando e saltando sempre da un capo all'altro, guardandosi dalle frezze de' nemici, tanto che in luoghi tali possono con tal modo di combattere ricevere molto poco danno di balestre o d'archibugi, anzi gl'Indi se ne fanno beffe, perché tale arme non vagliono contra loro in campi piani, dov'essi vanno sciolti, e solamente vagliono per luoghi stretti e d'acqua. Nel resto i cavalli son quegli che gli hanno da soggiogare, e quei che gl'Indi universalmente temono. Chi ha da combattere con esso loro conviene che stia molto avvertito che essi non conoscano che sia stanco o codardo, e mentre dura la guerra gli ha da trattare il peggio che può, percioché, se timore conoscessero in lui o alcuna codardia, quella è gente che sa molto ben conoscere il tempo da vendicarsi, e prende ardire e forza dalla temenza de' loro adversarii. Quando nella guerra si son frezzati e hanno consumata la lor munizione, se ne ritorna ciascuno al cammino suo, senza che i nemici gli seguano quantunque l'una parte fusser pochi e gli altri molti: e questa è usanza loro. Molte volte si passano da parte a parte con le frezze, e non muoiono se non toccano le trippe o il cuore, anzi sanano molto presto. Veggono e odono e hanno i sentimenti piú acuti di quanti uomini io credo che sieno nel mondo. Sono grandemente pazienti della fame e della sete e del freddo, come quei che piú vi sono avezzi che tutti gli altri.
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