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      E al colcar del sole arrivammo a cento case d'Indi, e avanti che arrivassimo uscirono tutti a riceverci, con tanto grido che era un spavento, e davansi gran palmate nelle coscie, e portavano zucche forate con pietre dentro, che è l'istrumento delle lor maggior feste: e non le cavano se non per ballare o per medicare, né è alcuno che l'ardisca pigliare in mano se non essi. E dicono che quelle zucche hanno virtú e che vengono dal cielo, perché in quei paesi non ne nasce, né sanno onde vengano, se non che le portano i fiumi quando vengono grossi. Era tanto il timore e la confusione di costoro che, per accostarsi a noi piú presto l'un dell'altro e toccarci, ci strinsero tanto che mancò poco che non ci ammazzassero, e senza lasciarci mettere i piedi in terra ci portarono alle case loro, e tanto ci caricavano sopra e tanto ci stringea la calca, che ce ne entravamo nelle case che aveano fatte per noi, e non consentimmo che per quella notte facessero piú festa con noi. Tutta quella notte passarono tra loro in giuochi e balli, e il dí seguente a buon'ora ci menarono davanti tutta la gente di quel luogo, che noi li toccassimo e benedicessimo come avevamo fatti agli altri co' quali eravamo stati, e doppo questo diedero molte frezze alle donne dell'altro popolo, che erano venute con le loro.
      Il dí appresso partimmo di quivi e tutta quella gente venne con noi, e come arrivammo ad altri Indi, fummo molto bene ricevuti come dagli altri, e ci diedero di quello che aveano, e i cervi che quel giorno avevano uccisi.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486