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      La notte seguente, che fu sabbato a notte, la camminammo tutta con vento prospero e fresco, e tanto che si trasse la bonetta alla vela maggiore, e in questo modo andammo fino allo schiarar del giorno, la domenica a' dodeci dí d'ottobre, che ci trovammo circondati da un capo all'altro di terra: alla man dritta della terra ferma, che cingea per davanti e di dietro, e alla mano stanca una isola di qualche una lega e mezza, e in mezzo della terra e dell'isola in mare era una isolettina picciola, e tra la terra ferma e l'isola eran due bocche, per dove si mostrava l'uscita donde noi poi uscimmo. Questa terra ferma era assai piú fresca e verde che l'altra che avevamo lasciata adietro, e con alcune pianure e punte di montagna di vaga veduta, piene similmente d'erbe verde. Quivi vedemmo tutta la notte duoi o tre luoghi assai grandi, e vedemmo sul far del giorno una canova, o battello di canne, che usciva di terra da una rottura e vogando contra di noi, e noi stemmo cheti finché arrivò vicino a quei che erano dentro, e cominciarono a parlar in suo linguaggio, che niuno gl'intendeva, con una voce come di Fiammenghi: ed essendo chiamato si ritornò con gran prestezza in terra, e noi restammo con gran pena, per non esser il nostro battello andatogli dietro.
      Quivi ci avenne una molto strana cosa, e fu che, cosí come questo Indiano ritornò in terra, in certe di queste lor rotture dove era un numero d'altri Indiani, stando cosí a por mente a quella parte, vedemmo uscir cinque canoe che venivano vogando verso di noi, onde ci mettemmo ad aspettar di veder ciò che volevano fare.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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