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      In tanto si congiunse la nave capitana nostra con noi, che era vicina a terra, percioché l'avea vedute, e cosí messi insieme demmo fondo, ponendo mente a quel che facevano quelle canoe. In tanto comandò il capitano che si mettesse in punto la nostra barca e s'armasse di remi e gente, per veder se si potesse far sforzo di pigliar qualche uno di loro, per poter aver notizia di loro e per donargli di quelle cosette che si portavano, e massimamente degli ami e paternostri, per domesticarsegli amici. Gl'Indiani con le loro cinque canoe s'approssimarono ad un tiro o due di pietra a noi, e quivi ci cominciarono a parlar molto forte, con linguaggio molto strano, sempre stando sopraviso per dar con prestezza la volta adietro. Ciò veduto dal capitano, e come non si volevano appressare a noi, anzi s'andavano ritirando, ordinò dalla poppa della nave che entrassero sei marinai, ed egli con essi uscí con la maggior prestezza che si poté alla volta loro. Gl'Indiani si rivoltarono alla volta della terra con tanta prestezza che pareva che volassero con quelle picciole canoe di canne, nondimeno si usò sí gran diligenza che ne fu giunta una e l'investí; ma l'Indiano che v'era dentro, vedutosi già preso, si gettò nell'acqua, e i nostri gli andaron con la barca sopra per prenderlo, ma egli come si vedea in poter loro si gettava col capo sotto la barca e cosí gl'ingannava, poi tornava di sopra, ed essi con i remi e con bastoni gli davan qualche colpo per spaventarlo, ma nulla gli rilevava, che come eran per dargli poi la mano adosso egli di nuovo si gettava sotto, e con le mani e co' piedi si veniva accostando alla terra, e come riusciva in alto chiamava gli altri che stavano in sicuro a por mente, dicendo "Belen" con voce alta.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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