Ed essendo noi pochi, fu concluso che quivi ci fermassimo e stessimo cheti, fortificandoci bene, massimamente per non aver da niuno dei canti aiuto alcuno, percioché Berciillo, che era quello che ci avea da aiutare, era molto malamente ferito di tre frezzate e per conto alcuno non voleva appartarsi da noi: e fu questo cane ferito nel primo assalto, quando s'appressarono a noi gli Indiani, e si portò molto bene aiutandoci valentemente, perché gli affrontò e ne disordinò otto o dieci di loro, che gli fece lassar fuggendo molte frezze. Ora, come è detto, al fin fu ferito, in modo che né per burla né da dovero lo potevamo far partire da noi per andare piú ad affrontar gli Indiani; e gli altri duoi cani piú tosto ci facevano danno che utile alcuno, perché, se andavano contra di loro, essi si mettevanci a tirargli con gli archi, e noi per voler difendergli ricevemmo danno e fatica. S'era in tanto enfiata la gamba al capitano nel raffreddarsi, che gliel'avevamo fasciata con un panno, e zoppicava molto. E stando cosí cheti gli Indiani, una parte di loro cominciò a far balli e cantare e gridarci, dipoi tutti insieme si caricarono di pietre, e por negli archi le frezze, e a venir al basso verso di noi, molto determinati d'affrontarci, e con molte grida cominciarono a tirar le pietre e frezze.
In questo tempo si rivoltò Francesco Preciato al capitano e disse: "Signor, questi Indiani conoscono o pensano che abbiamo paura di loro, e invero che è grand'errore il dar loro questa baldanza. Sarà meglio che determinatamente con questi cani facciamo sforzo e gli affrontiamo su in questa costa, accioché non sentan che in noi sia viltà d'animo alcuna, che al fin sono Indiani e non ci aspetteranno, e guadagnato il forte di quel colle, Iddio ci darà grazia per tutto il rimanente". Il capitano rispose che gli parea ben fatto e che cosí si facesse, ancora che nel resto a lui pareva di doversi far altra cosa.
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