Il capitano ferito con altri suoi soldati, doppo la zuffa, vedendo partire gli Indiani vanno alle navi; il giorno seguente nell'istesso luogo prendendo acqua, manda i marinari a scandigliare la bocca della lacuna. Di quivi partiti giungono nel porto di Santo Abbate e provano pericolosa fortuna di mare; approssimati poi alla costa per prender acqua dolce nel detto porto, vengono alcuni Indiani pacifici.
Era già l'ora sí tarda che si cominciava a far notte, e ciò vedendo gli Indiani di quivi ad un pochetto determinaron d'andarsene, e ciascun d'essi o la maggior parte prese un pezzo di legna infocato in mano, e si ritirarono per luoghi difficili. Questo vedendo il capitano comandò che dovessimo ritornar per imbarcarci, essendo già notte oscura, ringraziandoci tutti per il ben che gli avevamo fatto; e già non si potendo sostener sopra la gamba, appoggiò un braccio sopra di Francesco Preciato, e con questo modo ce ne ritornammo a' battelli, dove ci imbarcammo con non poco travaglio per la gran marea e il gran reflusso dell'acqua, che era tanta che in ogni ondata ci si empievano i battelli. In questo modo, molto stanchi e bagnati e alcuni feriti, come s'è detto, ciascuno se ne ritornò alla sua nave, dove i letti che vi ritrovammo e il refrigerio e l'apparecchio della cena non ci dieron molto conforto ai travagli passati. Quella notte ce la passammo in questo modo, e l'altro giorno, che fu il martedí, il capitano si ritrovò molto travagliato delle sue ferite, e maggiormente per quella della gamba, percioché per averci camminato se gli era molto infiata.
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