Venimmo a ritrovar il porto di Santo Abate, che ci eravamo vicini presso venti leghe, e in questo dí arrivammo vicini a quattro leghe, né potendo attragerla per il vento grande contrario, surgemmo al riparo di certe montagne e colli pelati e con poca erba, presso una spiaggia tutta di arena in montoni. Quivi vicino trovammo un luogo da pescare presso un ponte, dove gettato lo scandaglio per veder che fondo v'era, fu preso da un pesce per la bocca e lo cominciò a tirare, e colui che avea lo scandaglio, gridando e manifestando ai compagni la presa, che lo dovessimo aiutare, già che l'avea sopra l'acqua lo prese e sciolse la corda dello scandaglio, tornando a gettarlo in mare per veder se v'era gran fondo, e di nuovo gli fu presa, onde ricominciò a gridare che l'aiutassimo, e tutti cominciammo a gridare d'allegrezza. Cosí tirando il pesce ci si ruppe la corda dello scandaglio, che era assai grossa; pur avemmo al fin il pesce, molto bello.
Quivi ce ne dimorammo dal venerdí che arrivammo fino al lunedí, che parve al capitano che ci dovessimo accostare al luogo dell'acqua dolce, donde potevamo esser lontani sei leghe, per pigliar dodeci botte d'acqua che avevamo bevuta e consumata, per non saper se da lí innanzi ne avevamo da trovare: e già che si trovasse era dubbio che, per il gran reflusso dell'acqua che era in quella costa, per aventura non l'avemmo potuta pigliare. Giungemmo vicini a quel luogo il lunedí di notte, nel quale vedemmo alcuni fuochi d'Indiani. E comparso il martedí, comandò il capitano che la nave della Trinità s'avvicinasse piú presso alla nostra nave e a terra che avesse potuto, accioché bisognando ci avesse aiutati coi masti o code d'artiglieria; e avendogli dato tre o quattro girate per accostarle al rivo dell'acqua, vennero al lito quattro o cinque Indiani, che si posero a guardarci come fusse gettato il battello e l'ancora, ponendo anco mente come andava il sughero sopra dell'acqua.
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