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      Quivi stando a mezzanotte, venendo il venerdí alli 23 del mese, senza surgere, ci venne improvvisamente addosso un sirocco fresco molto favorevole per il nostro viaggio, e quanto piú s'andava innanzi piú soffiava, in modo che fra quella notte e l'altro dí di sabbato, che era il 24 del detto mese, camminammo diciotto buone leghe, che cosí navigando ci si mutò il tempo in tanto contrario e sí impetuoso che ci convenne rivoltar le briglie alle navi, a mal grado nostro, e tornammo indrieto venti leghe, ripigliando per riparo un'altra volta la punta degli alloggiamenti degli Indiani dove fu ammazzato quello Indiano. E quivi ce ne stemmo lunedí e martedí e il mercoledí, che sempre soffiava quel vento, chiamato maestrale, e maestro e tramontana insieme, con disegno di non ci muover di quivi fintanto che non vedessimo il tempo buono per il nostro viaggio bene indrizzato, percioché per quel paese regnan tanto questi venti, che temevamo che quivi non ci facesser tardar piú giorni che non avessimo voluto, che già eravamo tanto stracchi che ogni giorno di cammino ci parve un mese: e fa tanto freddo quando soffiano questi venti, che non ci bastava di porre adosso quanti panni potevamo sopportare, che sempre tremavamo.
      Ci fermammo surti in questo riparo il giovedí, il venere e il sabbato fino a mezzogiorno, che fu l'ultimo di gennaio, mese e anno del 1540. Sul mezzodí poi cominciò a soffiare un garbino non molto gagliardo, onde il capitano disse ai pilotti che sarebbe stato bene che ci fussimo accostati alla costa di terra ferma, dove con qualche vento di terra e con la grazia di Dio saremmo iti qualche poco innanti; in questo modo facemmo vela e camminammo fino a sera tre o quattro leghe, perché ci mancò il vento e restammo in calma.


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Navigazioni e Viaggi
Volume Sesto
di Giovanni Battista Ramusio
pagine 1486

   





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