Arrivati adunque in questa isola e surti in quella coperta, sempre soffiavano venti contrarii molto gagliardi; pigliammo l'acqua che bevevamo e la legna che brucciavamo, ed eravamo posti in gran desiderio che i venti ci fossero piú favorevoli nel passare innanzi, e quantunque stessimo sotto questa coperta dell'isola, sentivamo nondimeno il grande empito di quei venti e l'alterazione del mare, né le nostre navi cessavano di ballare. Nel far del giorno, che fu ai venti di febraio, trovammo il canape della capitana spezzato, onde con molta tristezza ci convenne metterci alla vela e chinarci piú basso per spazio d'una lega, e la nave della Trinità si venne a congiungere con noi altri.
Smontano sopra l'isola dei Cedri, prendono diversi animali e si danno al riposo e piacere; sono dal vento maestro stranamente travagliati, e piú volte tentando partire, per non provare varii disagi, sono sforzati per porto ivi ricorrere.
Alli 22 del mese di febraio, che fu la seconda domenica di quaresima, saltò il capitano a terra con tutta la maggior parte delle genti e i frati, presso d'una vallata che vedevamo innanzi. E udita messa in terra, entrorono per essa vallata alcuni soldati e marinari, con alcuni cani che avevamo con esso noi, e ci incontrammo in alcuni cervi, de' quali pigliammo una femina picciola, ma grassa, il pelo della quale s'assimigliava piú a camozza che a cervo; e ci pareva che non fosse legitimamente cervo, che avea quattro poppe a guisa di vacca piene di latte, che ci dette gran maraviglia, e doppo, avendo scorticata la pelle, ci parea la carne piú tosto di capra che di cervo.
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Trinità Cedri
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