In questo giunsi io con tutto il resto dei cavalli e pedoni, e trovai in campagna gran parte degl'Indiani, che si mossero a tirarci con le frezze, e io per obedire il parer di Vostra Signoria e del marchese non volse che si desse dentro, proibendo a' compagni che mi sollecitavano a farlo che non dovessero muoversi, e che quel che facevano i nemici non era niente, e che non era d'affrontar sí poca gente. Dall'altra banda gl'Indiani per veder che noi non ci movevamo pigliavano maggior animo e alterezza, tanto che s'appressavano alle gambe dei nostri cavalli a tirarci delle frezze, onde, veduto che non era piú tempo da stare e che cosí pareva ai religiosi, diede dentro, e ci fu poco che fare, perché subito fuggirono in parte alla città, che era vicina e ben fortificata, e altri per la campagna, dove gli guidava la ventura. E morirono alcuni Indiani, e piú sarebbono morti se io l'avesse consentito che si fussero seguitati; però, veduto che di ciò ci poteva venir poco frutto, perché gl'Indiani che erano fuori eran pochi, e quei che s'erano ritirati nella città con quei che v'erano rimasi prima erano molti, dove era la vettovaglia di che avevamo tanto di bisogno, raccolsi tutta la mia gente e la divisi come meglio mi parve per combatter la città, e la circundai. E perché la fame che noi avevamo non pativa dilazione, io smontai con alcuni di questi gentiluomini e soldati, e comandai che i balestrieri e archibusieri facessero empito e levassero dalle diffese i nemici, accioché non ci facessero danno, e io assaltai le mura da una banda, dove mi dissero ch'era stata appoggiata una scala levatoia e che v'era una porta.
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