Non tardò molto che viddi venir molti Indiani, gridando a gran voce e correndo drieto di me. Io mi fermai per saper quel che volevano, e mi dissero che la croce che io avevo lor data avean posta in mezzo l'abitazioni loro, sí come io gli avevo ordinato, ma che io dovesse sapere che, quando il fiume inondava, soleva arrivar fin lí: però che io li desse licenzia per poterla mutar e collocar in altra parte, dove non potesse aggiunger il fiume e portarla via. Il che io gli concessi.
Da un Indiano di quella riviera hanno relazione dello stato di Cevola e della qualità e costumi di quelle genti e del lor signore, e parimente delle terre, ivi non molto distanti, dette l'una Quicama e l'altra Coana. Da quelli di Quicama e da altri Indiani indi non molto distanti ricevono cortesia.
Cosí navigando giunsi dove erano molti Indiani, e un altro interprete, il quale io feci entrare con meco nella barca. E perché faceva freddo e la gente veniva bagnata, saltai in terra e comandai che si facesse fuoco, e stando cosí a scaldarci, arrivò un Indiano che mi dette nel braccio mostrandomi col deto un bosco, fuor del quale viddi uscire duoi squadroni di gente con le lor armi, e mi mostrò come venivano a darci alla fronte: e io, perché non volevo rompermi con niuno, raccolsi la mia gente nei battelli, e gl'Indiani che erano con esso meco si gettarono a nuoto e si salvarono all'altra riva. Io in tanto domandai a quello Indiano che avevo con meco che gente era quella che era venuta fuor del bosco; mi disse che erano suoi nemici, e però che questi altri nel giunger loro senza dir motto s'erano messi nell'acqua, e ciò avean fatto perché voleano tornar adietro, trovandosi senz'armi, per non l'aver portate nel venire con esso loro, avendo inteso il comandamento e voler mio, che non volevo che si portassero.
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