Or l'Almagro, acquietatosi, dette 700 pesi di oro, l'armi e vettovaglie che avea al Pizarro, qual andò a far l'impresa, come si vedrà nelle sotto scritte tre narrazioni. E veramente questi due capitani meriterebbono grandissime lodi di questa cosí gloriosa impresa, se alla fine per avarizia, accompagnata con l'ambizione, non si fossero ribellati contro alla Maestà cesarea, e tra loro non avessin fatto molte guerre civili con li Spagnuoli medesimi, le quali ebbero infelice e sfortunato esito. E tutti quelli che si trovarono alla morte del caciche Atabalipa, nominati nelle infrascritte relazioni, fecero cattivo fine, come si vedrà nel quarto volume di queste navigazioni. E accioché si sappin le condizioni di detti due cavalieri, dico che Diego d'Almagro era nativo della città d'Almagro in Spagna, il padre del qual non si seppe, ancor che lui procurasse d'intenderlo, poiché si vidde ricco. Non sapeva leggere, ma era valente, diligente e amico d'onore, e desideroso d'esser lodato, e sopra tutto liberalissim,. e per questa causa tutti i soldati l'amavano fuor di misura, perché dall'altro canto era molto aspro e di parole e di fatti. Donò piú di centomila ducati del suo a quelli che furono con lui all'impresa de Chili: liberalità piú tosto di prencipe che di soldato. Alla fine per ambizione di signoreggiare venne alle mani con Francesco Pizarro, qual lo fece prender da Hernando Pizarro suo fratello e, posto in prigione nel Cusco, lo fece strangolare, e poi in su la piazza gli fece tagliar la testa, nell'anno 1538. Mai ebbe moglie, ma di una Indiana nel Panama ebbe un figliuolo del suo nome medesimo: fecegli insegnare e ammaestrarlo con ogni diligenza, riuscí un valente cavaliero e piú che alcuno altro nato d'Indiana, ma alla fine fu fatto morir per le mani di detti Pizarri.
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