Come il signor governatore fece gran carezze al cacique Atabalipa, e la grandissima quantità d'oro e d'argento che esso cacique promise per suo riscatto; e come, essendo cosí prigione, intendendo che dalle sue genti era stato preso un suo fratello chiamato Cusco, al quale di già aveva tolto il regno, lo fece ammazzare.
Essendo passate quattro o cinque ore della notte, il governatore stava molto allegro per la vittoria che Dio gli aveva dato, e al contrario il cacique stava molto maninconioso. Al qual domandando il governatore la causa, e dicendogli che non doveva aver affanno di noi altri cristiani, che noi non eravamo nati nelle sue terre, ma molto lontani da quelle, e che per tutte le terre donde eramo venuti erano molto gran signori, li quali tutti ci avevamo fatti amici e vassalli dell'imperatore per pace o per guerra, e che lui non avesse paura per esser stato preso da noi, il cacique rispose mezzo ridendo che non stava pensoso per quello, ma perché ebbe pensiero di prender il governatore, la qual cosa gli era riuscita al contrario, e per tal causa stava con tanto dolore; ma che di grazia domandava al signor governatore che se ivi era alcun Indiano de' suoi, che lo facesse venire, perché voleva parlar con lui. Subito comandò il signor governatore che fussero menati duoi Indiani principali di quelli che aveva presi nella battaglia, a' quali il cacique gli domandò che quantità di gente era morta della sua; loro risposono che tutti li campi erano pieni di morti. Allora quello subito mandò a dire a tutta la gente che era rimasta che non fuggissero, anzi che lo venissero a trovare, poiché non era morto, e che era in mano delli cristiani, li quali gli pareva fussero buona gente: per tanto comandava loro che lo venissero a servire.
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